Una
definizione generica dell’emozione è che essa è la risposta ad eventi
significativi per l’individuo.
Non è
esatto parlare di risposta emotiva, ma bisognerebbe parlare di risposte
emotive, perché l’emozione è un fascio di risposte:
-
risposte
fisiologiche
-
risposte
tonico-posturali
-
risposte
motorie, che possono essere espressive oppure che riguardano le vocalizzazioni
-
indici
paralinguistici
-
vissuto
(o esperienza)
Il vissuto:
o
è
dato dalla percezione
o
ha
una qualità edonica, cioè piacevole o spiacevole
o
è
intenzionale, in quanto è rispetto a qualcosa, si riferisce a quella cosa
o
è
connesso all’attenzione, perché si pone attenzione su quella determinata cosa
o
ha
una coscienza preoggettiva: quando si riflette su un’emozione essa è già
passata
o
è
un fenomeno multidimensionale (Wallon: le emozioni sono la cerniera tra il
biologico, lo psicologico e il sociale)
L’emozione
subisce una maturazione, infatti nei neonati si hanno solo dei precursori
dell’emozione.
Le emozioni
hanno molte funzioni e le più importanti sono:
-
azione,
in quanto l’emozione comprende anche una risposta comportamentale
- segnalazione
intersoggettiva, cioè funzioni informative verso l’esterno
-
segnalazione
intrasoggettiva, cioè funzioni informative rivolte a se stessi per informarci
di un certo stato di cose
-
motivazionale,
perché le emozioni motivano delle azioni
-
focalizzazione
mnestica, l’emozione è connessa con i ricordi, in quanto è un indice per
ripescarli e farli riaffiorare nella memoria
Il
linguaggio delle emozioni è:
·
auto-semantico,
in quanto il segno dell’espressione emotiva è automaticamente anche il suo
significato
·
non
referenziale (non è una cosa oggettiva)
In una
tradizione dell’antica Grecia si pensava che le emozioni fossero
irrazionali, in quanto se ne aveva
grande diffidenza.
Il primo a
sfatare questa concezione fu Darwin, il quale affermava infatti che se le
emozioni fossero davvero così irrazionali dato che l’essere più emotivo al
mondo è l’uomo, l’uomo sarebbe già scomparso dalla faccia della Terra.
In effetti
non è assolutamente vero che le emozioni sono irrazionali, sono piuttosto
disfunzionali, ma il fatto è che senza emozioni non faremmo niente.
È
importante saper distinguere le emozioni da:
- sentimenti;
le emozioni possono essere indipendenti dai sentimenti, ma dentro a
quest’ultimi ci sono tantissime emozioni. Emozioni e sentimenti hanno in comune
che sono entrambi intenzionali
- umore;
si provano emozioni a prescindere dall’umore che a differenza dell’emozione è
perdurante
- tratto
emotivo; è connesso alle emozioni, ma non lo è, bensì la suscettibilità a
provare una certa emozione
- sindrome;
è un’organizzazione psicologica permanente, quindi è anch’essa collegata alle
emozioni, ma non lo è.
Esistono
delle emozioni primarie e delle emozioni secondarie.
Sono
primarie quelle emozioni la cui espressione fisiologica, mimica,
comportamentale, ecc. è universale, è transculturale, transpecifica, spontanea
e innata.
La maggior
parte degli studiosi concordano su questo elenco di emozioni primarie:
rabbia,
disgusto, felicità, sorpresa, paura, tristezza.
Le emozioni
secondarie sono invece il contrario di quelle primarie, quindi non sono innate,
non sono uguali per tutti e la loro mimica non è universale in tutte le
culture.
Alcune
emozioni sono particolari perché sono le “emozioni del’autoconsapevolezza” e le
più importanti sono la vergogna e il senso di colpa, le quali comportano una
relazione fra almeno due persone.
Il processo
emotivo consiste nelle emozioni vere e proprie, ma anche nella loro successiva rielaborazione
chiamata “metabolizzazione delle emozioni”.
Alla
nascita nei neonati sono presenti solo dei precursori delle emozioni.
A due mesi
però si può già parlare di emozioni vere e proprie.
Più avanti
vengono fuori delle emozioni più specifiche, come la paura e la circospezione,
quindi il bambino comincia a differenziare le persone.
Entro i
sette mesi infatti il sorriso sociale è selettivo e poco dopo si manifesta la
paura per l’estraneo.
Il bambino
per poter arrivare a provare vergogna deve avere un’immagine di sé esposta
all’osservazione e al giudizio in un altro, deve quindi aver sviluppato
un’autocoscienza, che dai 18 mesi in poi diventa coscienza autocoscienza
oggettiva (necessaria anche per potersi sentire in colpa).
Il senso di
colpa può nascere solo quando il bambino ha superato la iniziale fase di
dipendenza e comincia le prove di autonomia, quindi dopo il primo anno di vita.
Il senso di
colpa punitivo consiste nel punirsi da soli, avere il rimorso, il dispiacere
per aver fatto qualcosa; a volte il bambino si punisce con la paura che
qualcuno lo punisca.
Il senso di
colpa riparativo, invece, avviene dal secondo anno in poi e si tratta di aver
bisogno di riparare a qualcosa che è stato fatto male o comunque a qualcosa di
negativo.
Dalla fine
del secondo anno di vita si ha la coscienza delle emozioni, cioè l’elaborazione
cognitiva, perché è dalla fine del secondo anno di vita che il bambino comincia
ad avere un lessico psicologico; ha cioè le parole per le emozioni, quindi le
può nominare e può dire che emozione prova.
Esiste,
soprattutto nei bambini, il contagio delle emozioni, che viene anche definita
come forma elementare di partecipazione.
Attraverso
l’imitazione inoltre inizia a realizzare le espressioni emotive come sono
codificate nella cultura in cui vive.
La
comprensione delle emozioni è molto precoce, in quanto avviene durante il primo
anno di vita, infatti il bambino impara a regolarsi basandosi sull’espressione
della madre.
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