mercoledì 7 marzo 2012

Riassunto sulle emozioni (trattate da pag.123 del libro "Appunti e Spunti" di Mario Rizzardi)


Una definizione generica dell’emozione è che essa è la risposta ad eventi significativi per l’individuo.
Non è esatto parlare di risposta emotiva, ma bisognerebbe parlare di risposte emotive, perché l’emozione è un fascio di risposte:
-         risposte fisiologiche
-         risposte tonico-posturali
-         risposte motorie, che possono essere espressive oppure che riguardano le vocalizzazioni
-         indici paralinguistici
-         vissuto (o esperienza)
Il vissuto:
o      è dato dalla percezione
o      ha una qualità edonica, cioè piacevole o spiacevole
o      è intenzionale, in quanto è rispetto a qualcosa, si riferisce a quella cosa
o      è connesso all’attenzione, perché si pone attenzione su quella determinata cosa
o      ha una coscienza preoggettiva: quando si riflette su un’emozione essa è già passata
o      è un fenomeno multidimensionale (Wallon: le emozioni sono la cerniera tra il biologico, lo psicologico e il sociale)
L’emozione subisce una maturazione, infatti nei neonati si hanno solo dei precursori dell’emozione.

Le emozioni hanno molte funzioni e le più importanti sono:
-         azione, in quanto l’emozione comprende anche una risposta comportamentale
-         segnalazione intersoggettiva, cioè funzioni informative verso l’esterno
-         segnalazione intrasoggettiva, cioè funzioni informative rivolte a se stessi per informarci di un certo stato di cose
-         motivazionale, perché le emozioni motivano delle azioni
-         focalizzazione mnestica, l’emozione è connessa con i ricordi, in quanto è un indice per ripescarli e farli riaffiorare nella memoria
Il linguaggio delle emozioni è:
·       auto-semantico, in quanto il segno dell’espressione emotiva è automaticamente anche il suo significato
·       non referenziale (non è una cosa oggettiva)
In una tradizione dell’antica Grecia si pensava che le emozioni fossero irrazionali,  in quanto se ne aveva grande diffidenza.
Il primo a sfatare questa concezione fu Darwin, il quale affermava infatti che se le emozioni fossero davvero così irrazionali dato che l’essere più emotivo al mondo è l’uomo, l’uomo sarebbe già scomparso dalla faccia della Terra.
In effetti non è assolutamente vero che le emozioni sono irrazionali, sono piuttosto disfunzionali, ma il fatto è che senza emozioni non faremmo niente.

È importante saper distinguere le emozioni da:
-  sentimenti; le emozioni possono essere indipendenti dai sentimenti, ma dentro a quest’ultimi ci sono tantissime emozioni. Emozioni e sentimenti hanno in comune che sono entrambi intenzionali
-  umore; si provano emozioni a prescindere dall’umore che a differenza dell’emozione è perdurante
-  tratto emotivo; è connesso alle emozioni, ma non lo è, bensì la suscettibilità a provare una certa emozione
-  sindrome; è un’organizzazione psicologica permanente, quindi è anch’essa collegata alle emozioni, ma non lo è.
Esistono delle emozioni primarie e delle emozioni secondarie.
Sono primarie quelle emozioni la cui espressione fisiologica, mimica, comportamentale, ecc. è universale, è transculturale, transpecifica, spontanea e innata.
La maggior parte degli studiosi concordano su questo elenco di emozioni primarie:
rabbia, disgusto, felicità, sorpresa, paura, tristezza.
Le emozioni secondarie sono invece il contrario di quelle primarie, quindi non sono innate, non sono uguali per tutti e la loro mimica non è universale in tutte le culture.
Alcune emozioni sono particolari perché sono le “emozioni del’autoconsapevolezza” e le più importanti sono la vergogna e il senso di colpa, le quali comportano una relazione fra almeno due persone.
Il processo emotivo consiste nelle emozioni vere e proprie, ma anche nella loro successiva rielaborazione chiamata “metabolizzazione delle emozioni”.

Alla nascita nei neonati sono presenti solo dei precursori delle emozioni.
A due mesi però si può già parlare di emozioni vere e proprie.
Più avanti vengono fuori delle emozioni più specifiche, come la paura e la circospezione, quindi il bambino comincia a differenziare le persone.
Entro i sette mesi infatti il sorriso sociale è selettivo e poco dopo si manifesta la paura per l’estraneo.
Il bambino per poter arrivare a provare vergogna deve avere un’immagine di sé esposta all’osservazione e al giudizio in un altro, deve quindi aver sviluppato un’autocoscienza, che dai 18 mesi in poi diventa coscienza autocoscienza oggettiva (necessaria anche per potersi sentire in colpa).
Il senso di colpa può nascere solo quando il bambino ha superato la iniziale fase di dipendenza e comincia le prove di autonomia, quindi dopo il primo anno di vita.
Il senso di colpa punitivo consiste nel punirsi da soli, avere il rimorso, il dispiacere per aver fatto qualcosa; a volte il bambino si punisce con la paura che qualcuno lo punisca.
Il senso di colpa riparativo, invece, avviene dal secondo anno in poi e si tratta di aver bisogno di riparare a qualcosa che è stato fatto male o comunque a qualcosa di negativo.
Dalla fine del secondo anno di vita si ha la coscienza delle emozioni, cioè l’elaborazione cognitiva, perché è dalla fine del secondo anno di vita che il bambino comincia ad avere un lessico psicologico; ha cioè le parole per le emozioni, quindi le può nominare e può dire che emozione prova.
Esiste, soprattutto nei bambini, il contagio delle emozioni, che viene anche definita come forma elementare di partecipazione.
Attraverso l’imitazione inoltre inizia a realizzare le espressioni emotive come sono codificate nella cultura in cui vive.
La comprensione delle emozioni è molto precoce, in quanto avviene durante il primo anno di vita, infatti il bambino impara a regolarsi basandosi sull’espressione della madre.

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