lunedì 26 marzo 2012

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sabato 24 marzo 2012

Riassunto del 4 capitolo de "Il Corpo nel Medioevo"

Il corpo nel Medioevo diviene una metafora, ma già nella Repubblica, Platone aveva proposto un modelli organicista per la sua <<città ideale>>, distinguendo la testa (il filosofo re) dal ventre (gli agricoltori) e dai piedi (i custodi).
Parallelamente si sviluppa l’analogia tra il mondo e l’uomo, che diviene una microcosmo.
Le metafore corporee nel mondo antico si erano articolate principalmente attorno al sistema caput-venter-membra (testa-visceri-membra), anche se, chiaramente, anche il petto (pectus) e il cuore (cor), in quanto sedi del pensiero e del sentimento, venivano utilizzati in chiave metaforica.
Tra i visceri il fegato ha svolto un ruolo simbolico di particolare rilievo.
Nel sistema della simbologia corporea, la mano assume nel Medioevo un ruolo eccezionale, rappresentativo delle tensioni ideologiche e sociali dell’epoca.
Le concezioni organicistiche della società basate su metafore corporee, che utilizzano sia parti del corpo sia il funzionamento complessivo del corpo umano o animale, hanno origine dal mondo antico.
Il sistema cristiano delle metafore corporee di basa principalmente sul binomio testa/cuore.
A cavallo tra il XIII e XIV secolo si svolge un’interessante episodio relativo all’utilizzazione politica delle metafore corporee.
In un trattato anonimo, Rex Pacificus, compilato nel 1302 da un sostenitore del re, la metafora dell’<<uomo-microcosmo>> venne utilizzata in modo particolarmente interessante.
Secondo il trattato, l’uomo, microcosmo della società, possiede due organi principali: la testa e il cuore.
Il papa è la testa che dona alle membra, cioè ai fedeli, la vera dottrina e li impegna a compiere azioni meritevoli. Dalla testa partono i nervi, che rappresentano la gerarchia ecclesiastica che unisce le membra tra di loro e al loro capo, Cristo, di cui il papa è vicario, oltre a garantire l’unità della fede.
Il principe è il cuore da cui partono le vene che distribuiscono il sangue; ed essendo proprio il sangue l’elemento vitale per eccellenza, il più importante dell’intero corpo umano, ne risulta che le vene sono più preziose dei nervi e che il cuore prevale sulla testa. Il re è quindi superiore al papa.
Il sovrano del corpo è quindi il cuore, cioè il re.

venerdì 9 marzo 2012

Resistere l'8 Marzo per Resistere tutti i giorni

Un anno è passato e un altro 8 marzo è arrivato. La festa delle donne, ma di quali donne? Di quelle che ogni giorno vengono sfruttate, deportate e rinchiuse in un Centro di Identificazione e Espulsione? Di quelle che quotidianamente vengono isolate, soggette ad abusi quotidiani e violentate? O è la feste di quelle donne che ogni giorno vengono licenziate, "precarizzate" e ridotte ad una vita di stenti?

In Italia sta succedendo qualcosa di aberrante: sale a trentasette il numero delle donne vittime di violenza in tutto il 2012, di cui sette uccise negli ultimi tre giorni (dal 2 al 4 marzo), tutte per mano maschile. Violenze ed omicidi differenti, si, ma tutti riconducibili ad una concezione diffusa: la nuova cultura del femminicidio legata ai principi del delitto d'onore e alla convinzione culturale e sociale che le donne siano una proprietà privata. Vergognose sono le notizie dei cosiddetti "delitti passionali" diffuse dai media, atte quasi a giustificare l'assassino/stupratore di turno per "mettere sulla bilancia una figura maschile da fare emergere come eroe" e vittima di un tradimento. Al fenomeno del femminicidio che in Italia sta toccando numeri preoccupanti si aggiungono tutti i problemi inerenti a discriminazioni sociali, al precariato lavorativo ai numeri in costante aumento di donne relegate a ruoli marginali della società.

La globalizzazione, l'accentuarsi dei fenomeni migratori, l'ingresso delle donne nel lavoro retribuito, la crescente destandardizzazione e deregolazmentazione del lavoro, fino all'attuale (e non unica) crisi economica, hanno dato luogo ad un consistente processo di intermittenza e di frammentazione a tutti i livelli sociali della vita umana. L'intreccio tra genere e precarizzazione è particolarmente evidente nei contesti lavorativi, dove le forme di lavoro atipico e intermittente, e la connessa riduzione delle protezioni sociali, sembrano riguardare in misura più consistente le donne: questo intreccio attraversa tuttavia anche altre sfere e ambiti sociali, come le relazioni familiari e di coppia, le scelte procreative, le opportunità di integrazione per i/le migranti, il riconoscimento dei diritti umani e di cittadinanza, la diffusione e l'utilizzo delle biotecnologie, la pratica della violenza.

Le studentesse del collettivo Drude hanno deciso di non festeggiare questa giornata in modo tradizionale. Il nostro intento è di parlare con donne di donne: di donne che combattono, di donne che resistono. Parliamo di coloro che ogni giorno affrontano con tenacia e orgoglio la lotta in Val di Susa, di quelle donne che da anni si ribellano alle leggi della cultura mafiosa, di donne che quotidianamente, senza bisogno di una telecamera, si ribellano alla tirannia delle istituzioni e ad una cultura patriarcale che le considera non come un valore aggiunto per la società, ma come un problema. Una cultura sessista che attraverso un'addomesticazione sociale ed una propaganda patriarcale relega la donna ad essere considerata una costola, la costola di un uomo, la spina nel fianco di un sistema.

In occasione dell'otto marzo di quest'anno le donne No Tav della Valsusa si ritroveranno per un'iniziativa simbolica per ribadire le ragioni dell'opposizione all'alta velocità. Questa mala opera che vogliono imporre con la forza dei manganelli, dei gas nocivi, degli idranti e con la militarizzazione di una parte della nostra terra, è fortemente osteggiata da queste donne che, oltre alla preoccupazione del presente, si mobilitano per il futuro delle nuove generazioni.

Nelle giornate di lotta e di resistenza che si sono susseguite nella Val di Susa ed in tutta Italia (e non solo), i giornali e i media continuano a distinguersi per la sconcertante cpacità di inventare e di alimentare menzogne e falsità. In particolare vorremmo citare un articolo apparso sulla rivista "Io Donna": un finta analisi priva di qualsiasi logica o credibilità, allibente per la sua sudditanza e per il tipo di ricostruzione del movimento No Tav, del solito ritornello dei "buoni" che lasciano la lotta in mano ai "cattivi", in particolare ponendo l'accento su un supposto immaginario della donna No Tav "giusta" e di quella "sbagliata". Non esiste la dicotomia giusto/sbagliato in azioni di donne che vogliono salvaguardare la salute di un territorio perchè hanno chiaro, contrariamente a chi si arricchisce con appalti e opere inutili, che la terra è una grande eredità da lasciare a tutti e che non c'è futuro dove l'assenza di democrazia ti spacca la testa o il naso a suon di manganellate per imporre la volontà di una ologarchia di affaristi senza scrupoli.

Queste donne sono piene di dignità, determinazione e fierezza e vanno in corteo o resistono per le strade guardando dritto neglio occhi la polizia che le pesta a sangue o spara su di loro lacrimogeni. Le donne che resistono e si ribellano sono splendide, fantastiche.

E' così che per la festa dell'8 marzo vogiamo esprimere tutta la nostra solidarietà e la nostra vicinanza a quella categoria di donne che ogni giorno combatte, di distingue per la caparbietà e la lotta, ma anche per quelle donne che subiscono in silenzio violenze fisiche e psicologiche e non possono ribellarsi.

Forti nel reagire ad una cultura che invece di aprire un dialogo costruttivo sui motivi del disgregamento sociale, ci vorrebbe statiche e ubbidienti, riteniamo che il vero sviluppo non sia sinonimo di cemento e manganelli, ma di un dialogo costruttivo che affronti i problemi da un punto di vista più aperto e dinamico.

E' per questo che invitiamo tutti a resistere: resistere l'8 marzo per resistere tutti i giorni.
(Sabato 10 marzo, infopoint No Tav al mercato di Urbino)

Collettivo femminista Drude di Urbino 


Questo scritto è stato ricopiato da un volantino distribuito ad Urbino l'8 marzo 2012

mercoledì 7 marzo 2012

L’approccio etologico (trattato da pag. 29 del libro “Appunti e Spunti” di Mario Rizzardi)


I comportamenti innati sono essenzialmente gli stessi in tutti i membri di una specie, sono ereditari e adattivi.
Un comportamento innato ha le seguenti caratteristiche:
-         presenta una forma stereotipata in più individui di una specie
-         è presente senza che ci sia stata un’importante esperienza precedente che abbia potuto farlo apprendere
-         è universale per la specie, cioè si trova in tutti i suoi membri
-         una volta stabilito rimane relativamente slegato dall’esperienza e dall’apprendimento
Il comportamento appreso, invece, è esattamente il contrario.
I comportamenti innati sono chiamati “specie-specifici”, il che significa che hanno luogo in tutti i membri della specie.
Due tipi di comportamenti innati sono i riflessi e le coordinazioni ereditarie.
Un coordinazione ereditaria è un complesso comportamento innato che favorisce la sopravvivenza di una specie come anche i riflessi innati; è una “sequenza geneticamente programmata di azioni motorie coordinate” che ha origine nel sistema nervoso centrale da meccanismi ereditari specifici.
Una coordinazione ereditaria viene suscitata da uno stimolo segnale.
L’evoluzione implica un cambiamento filogenetico, che avviene in una specie nel corso di molte generazioni, in contrapposizione a un cambiamento ontogenetico che avviene durante la vita di un individuo.
Attraverso variazioni genetiche naturali o mutazioni nacquero nuovi comportamenti, che, se permettevano all’organismo di sopravvivere abbastanza da riprodursi, venivano trasmessi geneticamente alla generazione successiva.
La predisposizione ad apprendere comprende periodi di sensibilità e periodi di capacità di apprendimento generali e specifiche.
I periodi di sensibilità sono periodi specifici in cui gli animali sono biologicamente pronti a imparare un nuovo comportamento.
L’imprinting aumenta le probabilità di sopravvivenza del piccolo, perché ne assicura la vicinanza al genitore.
Le capacità di apprendimento generali e specifiche si riferiscono ad una capacità generale impressionante di imparare dall’esperienza.

Gli etologi si basano su 2 metodi generali per studiare il comportamento:
-         osservazione naturalistica
-         sperimentazione di laboratorio
L’insistenza sull’osservazione degli organismi nel loro ambiente naturale differenzia più chiaramente l’etologia.
Gli etologi seguono una serie di fasi:
1-    sviluppano un etogramma: descrizione estesa e dettagliata del comportamento di una specie nel suo ambiente naturale
2-    classificano questi comportamenti in base alla loro funzione, cioè al modo in cui essi incoraggiano la sopravvivenza
3-    confrontano il modo in cui un dato comportamento funziona nelle varie specie
4-    usano esperimenti di laboratorio per determinare le cause immediate del comportamento
Gli etologi hanno aumentato il potere del metodo osservativo, filmando o registrando le loro osservazioni.

Bowlby ha portato l’etologia all’attenzione degli psicologi evolutivi.
Un attaccamento sociale precoce tra il neonato e chi si prende cura di lui è cruciale per uno sviluppo normale.
I comportamenti di segnalazione del bambino sono più complessi dei semplici riflessi e spesso sono considerati delle coordinazioni ereditarie.
Un’altra abilità trovata nei bambini piccoli che può facilitare le loro relazioni con i genitori è l’imitazione della mimica facciale.
Le aspettative del bambino sono parte dei suoi “modelli operativi interni” ossia rappresentazioni mentali delle figure di attaccamento, di sé e delle relazioni.
Nell’attaccamento innato i neonati hanno uno scopo: raggiungere un grado accettabile di vicinanza all’adulto.
I periodi di sensibilità e le capacità di apprendimento generali e specifiche predispongono biologicamente il neonato e chi si prende cura di lui a sviluppare un sistema di interazioni sincronizzate.
L’etologia inoltre accentua l’effetto dell’infante sul genitore altrettanto quanto l’effetto del genitore sul figlio.
Sia gli adulti che i bambini sono predisposti biologicamente a sviluppare l’attaccamento (teoria proposta da Bowlby).
Mary Ainsworth ha ideato la procedura della “Strange Situation”, che dura circa 22 minuti, per valutare gli schemi di attaccamento dei bambini alle loro madri.
La “Strange Situation” è formata da 7 parti, ognuna delle quali dura 3 minuti circa:
1.    la madre porta il bambino in una stanza, lo depone sul pavimento e si mette a sedere in silenzio in una sedia
2.    entra un estraneo che parla con la madre e poi si rivolge al bambino con un gioco
3.    la madre esce e il bambino rimane solo con l’estraneo; se è il bambino è tranquillo l’estraneo rimane seduto, se lo cerca lo asseconda con un gioco, mentre se piange cerca di consolarlo.
4.    l’estraneo esce dalla stanza e il bambino rimane solo
5.    rientra l’estraneo che si comporta come già descritto sopra
6.    rientra la madre finalmente
7.    l’estraneo esce dalla stanza
Esistono 4 stili di attaccamento:
-         attaccamento sicuro (tipo B): il bambino protesta durante la separazione dalla madre,ma appena torna si calma
-         attaccamento sicuro evitante (tipo A): il bambino sembra indifferente quando la madre esce e non dimostra angoscia quando è solo con l’estraneo. Il bambino reprime in realtà la sua reazione. Al momento del ricongiungimento il bambino evita di entrare in contatto con la madre (questi genitori sono insensibili)
-         attaccamento insicuro ambivalente resistente (tipo C): il bambino piange quando esce la madre e continua a piangere quando lei rientra, perché ha paura che lei se ne vada ancora (queste madri sono arrabbiate e rifiutano il figlio, oppure a volte donano calore al bambino). Il comportamento esplorativo è limitato dalle difficoltà della separazione dalla madre
-         attaccamento insicuro disorganizzato (tipo D): il bambino non ha un comportamento ben definito durante la separazione dalla madre. Sono figli che hanno subìto abusi o hanno madri depresse)

L'adolescenza


Prima dell’adolescenza non è possibile il pensiero astratto, cioè finché non si arriva al periodo delle operazioni formali.
Prima degli anni 11-12 circa il ragazzo non utilizza il ragionamento per assurdo, quale pensiero di livelli più alto raggiunto dall’uomo.
Le grandi scoperte vengono infatti fatte dai geni solitamente durante i loro 20 anni, questo perché il pensiero operatorio formale è al suo massimo sviluppo in questo periodo, non è quindi ancora affatto deteriorato.
Gli adolescenti, da bambini che erano e che guardavano gli adulti come Dei che riuscivano a pensare cose a loro sconosciute, arrivano a vederli alla loro pari, sia per la crescita fisica sia per la crescita psicologica.
Gli adolescenti hanno spesso divergenze con gli adulti essenzialmente per due motivi:
-         per i loro diversi pensieri e obiettivi
-         per la delusione che ora il “Dio”, cioè l’adulto, crea nell’adolescente, il quale ora crede che esso l’abbia proprio in questo difficile momento abbandonato
Durante il periodo adolescenziale inizia nella mente del ragazzo a comparire la categoria della possibilità; di conseguenza l’adolescente acquisisce il gusto delle disquisizioni intellettuali, cioè commentare e ragionare su tutto.
La possibilità porta però, ansia e irrequietezza, ma porta inoltre l’adolescente a capire che mentre faccio una cosa è possibile farne anche un’altra.
Esiste proprio una malattia del dubbio, perché decidere significa accettare le varie possibilità che esistono e accettare la responsabilità.
Infatti scegliere una possibilità significa scegliere qualcosa che non è detto che si realizzi.
L’adolescente usa la fantasia sia come fuga dalla realtà, sia per riempire i vuoti che si sono creati tra ciò che prima era certezza.
È necessario distinguere la pubertà dall’adolescenza, in quanto la prima è costituita dai cambiamenti corporei, mentre la seconda si riferisce a come i cambiamenti corporei vengono vissuti. Inoltre l’adolescenza va dal momento in cui l’individuo è biologicamente maturo (può procreare) al momento in cui  in grado di entrare nella società.
Ci sono 4 principali motivi delle difficoltà adolescenziali ad accettare se stessi:
-         i cambiamenti dell’adolescente sono diversi rispetto a quelli subiti fino a quel momento; infatti sono qualitativi e non quantitativi
-         in questi cambiamenti c’è una forte differenza interindividuale, cioè si differenziano da persona a persona
-         questi cambiamenti sono inoltre molto veloci, repentini, rapidi e non graduali
-         nel corpo dell’adolescente si mischiano parti fisiche già sviluppate da adulto e parti ancora da sviluppare; anche per questo è ancora più difficile accettare il proprio corpo
L’angoscia è infatti anche quella di trovare cambiamenti ch rendono brutti e questa preoccupazione molto comune se molto grave è chiamata “sindrome dismorfofobica”.
Nell’adolescenza avviene anche una crisi d’identità: la percezione del sé è diversa e parte anch’essa dalla trasformazione del corpo.
In alcune culture sono presenti dei veri e propri riti di iniziazione del ragazzo, con i quali è proprio la società a definirlo adulto. Nella nostra società non ce ne sono molti, ed è proprio questa una delle cause principali dei tanti problemi adolescenziali della nostra cultura occidentale.
Il rito è formato da 3 fasi essenziali:
1-    nel primo momento dell’adolescenza gli amici e i parenti pensano che il ragazzo sia in pericolo, perché deve fare questo rito di iniziazione
2-    nella seconda fase gli iniziandi sono come messi all’interno di un cerchio (che ricorda il feto materno) in cui devono superare alcune prove culturali, intellettive e anche corporee
3-    nella terza fase gli iniziandi sono proclamati adulti e possono tornare alle loro famiglie

Libro "Il Corpo nel Medioevo"

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Riassunto di "Frammenti di Genere" di Angela Giallongo

I temi trattati in questo libro sono storici nel senso che è la storia a dar loro significato.

CAP. 1° - I “Piccoli fatti” e la storia sociale dell’educazione in Italia -
Un posto speciale spetta a quei percorsi che hanno creato nuovi legami tra l’astratto e il concreto, tra le dottrine e i fatti, tra il generale e il particolare, tra l’ideale e il reale dei processi educativi.
A partire dalla seconda metà del Novecento la maggiore produttività degli storici italiani dell’educazione ha rafforzato i legami tra la struttura sociale e i processi educativi.
Dal convegno di SIPED del 1996 si è cominciato ad usare il termine “storie dell’educazione”.
I termini “educazione” e soprattutto “sociale” erano quasi assenti dal lessico pedagogico italiano prima degli anni ’60 e ’70, ma trovano infine un loro posto nel 1990 fra le categorie correnti e ufficiali.
Nel 1994 viene sancito il riconoscimento della vita sociale come area degna della riflessione educativa.
Il termine “sociale”, che coincideva con la istituzioni sociali, negli ultimi decenni si riveste di nuovi significati.
Un valido contributo alla storiografia italiana è stato dato dalla scuola francese delle Annales.
Ci sono 5 passepartout di cui 3 forze storiografiche e 2 forze sociali.
Le forze storiografiche:
1-    la storiografia marxista, in quanto il termine “storiografia” si riferisce all’analisi dei fatti, e quella marxista ha valorizzato l’educazione come prassi a livello europeo
2-    il sociologo Goffman ha introdotto una nuova categoria, quella delle abitudini e del comportamento di una società (prendendo come esempio gli Stati Uniti). Anche Dewey ha introdotto l’abitudine e ha sottolineato che per fortuna ci sono proprio i giovani i cambiarle
3-    la scuola delle Annales e i suoi studiosi, come per esempio Le Goff e Febvre, hanno invece parlato di senso del tempo, affermando che ogni persona vive la stessa esperienza con “marce” diverse.
Le forze sociali:
1-    i cambiamenti sociali provocano cambiamenti anche nelle abitudini
2-    la stampa editoriale del periodo si è anch’essa interessata maggiormente alla quotidianità nel passato
È quindi necessario capire l’importanza dei “piccoli fatti” e del quotidiano, perché sono proprio questi a dar vita a cambiamenti più significativi.
Dai 5 passepartout cogliamo 3 importanti contributi riguardanti il quotidiano:
·        secondo Elias il quotidiano diventa luogo di verifica dei comportamenti individuali che determinano poi le più trasformazioni sociali più generali
·        la scuola delle Annales afferma piuttosto che il quotidiano pone dei nuovi interrogativi alle categorie interpretative e ai tradizionali criteri di periodizzazione utilizzati nella storia sociale dell’educazione
·        il quotidiano si presta ad essere usato come legame tra il senso comune e il discorso pedagogico.
La quotidianità è il luogo in cui si manifesta la responsabilità femminile, è il perno delle tradizioni educative e stimola il rinnovamento.
Per questi motivi è necessario riconoscere l’importanza che la vita ogni giorno ha acquisito in questi ultimi decenni.

CAP. 2° - La figlia di Mnemosine -
Nella cultura antica la storia era legata alla Musa Clio, figlia di Mnemosine la quale era la dea della memoria naturale e donò alla figlia il potere di non far scordare gli eventi e i loro protagonisti.
Questa Musa inspirò l’attività dello storico e l’educazione del cittadino.
La storia è molto importante per comprendere il presente, infatti ogni generazione torna ad interrogarsi sul passato per poter comprendere meglio la proprio identità collettiva nel presente.
Sta maturando negli ultimi anni un’alleanza tra ricercatori e docenti, riguardante l’insegnamento della storia nelle scuole.
Sia chi scrive di storia sia chi la insegna hanno il compito di selezionare il vero dal falso.
Lo storico e il docente si interessano di chi siamo oggi per comprendere meglio chi eravamo ieri.
Tuttavia ancora nelle scuole la storia viene proposta come un corpus limitato di conoscenze suddivise in livelli da apprendere gradatamente, e non come una disciplina fatta di teorie e di prassi.
La legittimità dell’indagine storica, non sta nello studio del passato in sé, ma nello studio della civilizzazione.
Lo scopo dell’educazione è quello di creare un contesto adeguato di apprendimenti e di percorsi didattici. Per esempio è bene che la scuola dia la possibilità agli studenti, soprattutto a quelli più giovani, di identificarsi nella storia che studiano.
Infatti una storia su misura permetterebbe agli alunni di potenziare le proprie facoltà personali e il senso di responsabilità civile.

CAP. 3° - A proposito di buone maniere -
È stato Norbert Elias a introdurre le buone maniere nel processo di civilizzazione.
Le buone maniere dopo la rivoluzione del 1789 hanno cambiato se stesse, hanno nuove leggi e si sono messe al servizio del progresso sociale.
Il termine “gentiluomo” riveste nel 19° un significato positivo; si riferisce infatti a quegli uomini che hanno appreso tutte le doti per poter aver successo nel mondo femminile.
Si fa strada anche il sentimento, inteso come l’apprendimento del buon gusto e la cura delle relazioni con gli altri e con le cose.
Dunn, psicologa dello sviluppo, ha approfondito le origini emotive e ha scoperto che i bambini in età precoce e della scuola materna, ricorrono a rituali spontanei: usano per esempio la cortesia come strumento si pacificazione.
I lattanti distinguono le emozioni attraverso interazioni definite “protoconversazioni”.
Le buone maniere sono state inserite nelle regole universali della socializzazione, e D’Urso ne individua 3:
-         le convenzioni sociali e i parametri del comportamento
-         il controllo delle emozioni
-         la comprensione delle emozioni altrui
La tradizione della cortesia e della galanteria nelle donne da un lato mascherava l’oppressione del secondo sesso e dall’altro forniva alle donne un’arma ideologia nella battaglia contro le barbarie maschili.

CAP. 4° - Metamorfosi medievali nei “Per nozze” dell’Ottocento -
Il pubblico colto urbano si servì dei “Per nozze” in occasione di matrimoni, battesimi e funerali.
Nei “Per nozze” si può individuare il rapporto tra i neo-coniugi così come veniva inteso dal Medioevo.
È significativo il trionfo del bianco, che mentre ai tempi di Gregorio Magno era inteso come simbolo della purezza, nell’Ottocento diventa sinonimo di innocenza e verginità.
In Inghilterra lo stato e il clero conferivano la piena autorità al padre/marito.
I Nuptialia sono dei manufatti decorati con poesie latine.
I “Per nozze” si rivelarono dei documenti complessi e degni di maggior attenzione, anche per il fatto che erano stranamente destinati soprattutto al pubblico femminile, mentre in quel periodo invece l’élite dei saperi era gelosamente tenuta segreta dal gruppo maschile.
Contro il pensiero del tempo, invece, Zambrini intendeva addottrinare le donne a tutto il sapere umano.
Il “Per nozze” faceva la sua comparsa dopo la cerimonia, e poteva essere donato alla sposa da famigliari, genitori o amici.
All’interno dei libretto era spiegato il comportamento che dovevano adottare i neo-coniugi, ma soprattutto la donna relegata alle faccende domestiche, e che non poteva assolutamente reclamare alcuna uguaglianza.

CAP. 5° - Studentesse e studenti nel corso di pedagogia -
Urbino come campus universitario è stata tra le prime città a liberalizzare i piani di studio, ad abolire gli esami di ammissione e a favorire la crescita delle iscrizioni; inoltre è una delle città italiane in cui popolazione studentesca supera quella locale.
Le ragioni per cui è importante riflettere sulle ripercussioni che le vicende scientifiche e didattiche della pedagogia hanno avuto sugli studenti sono essenzialmente 2:
-         è nella natura della pedagogia interessarsi a ciò
-         una facoltà non è fatta solo di lezioni, organizzazione e docenti, ma anche dagli alunni, senza i quali non ci sarebbe università
Nel 1937 quando Carlo Bo era rettore e docente, l’ateneo aveva 3 facoltà:
giurisprudenza, farmacia e magistero.

CAP. 6° - Nostre signore della scuola -
La storia delle insegnanti è la storia della loro battaglia contro la loro non uguaglianza rispetto agli insegnanti maschi, che venivano meglio formati e avevano diritto ad uno stipendio più alto.
La femminilizzazione dell’insegnamento è più alta in Italia di tutti gli altri paesi industrializzati.
Le cause dei minor successo scolastico dei ragazzi è legato alla maggior presenza di insegnati femmine rispetto ai maschi, alla maggioranza delle studentesse nelle scuole; gli studenti non riescono quindi ad identificarsi in un modello maschile.
La scuola di una società democratica non può rinunciare all’idea della felicità di insegnare.

CAP. 7° - Nel grembo della miseria -
Il motivo più grosso della povertà è il fatto che non si investe sul capitale intellettuale.
Dal punto di visto psicologico le persone in miseria sono persone rassegnate e che pensano di non poter mai cambiare la loro situazione.
Il movimento storiografico delle Annales ha scoperto che la mente è più lenta rispetto ai processi economici.
Ci troviamo nell’epoca delle passioni tristi perché i legami tra le persone sono deboli e sempre più vuoti.
La Nussbaum recupera l’idea di cooperazione e parla di intelligenza delle emozioni.

CAP. 8° - Con gli occhi delle donne -
Per poter capire il genere è necessario avere un approccio pragmatico.
Diventare maschi o femmine è un apprendimento che si svolge durante la crescita.
Uno dei compiti fondamentali dell’educazione è quello di sviluppare il sentimento sociale.
La nostra è una società del rischio perché i legami sociali sono frammentati ed è sempre più difficile creare progetti condivisi.
La consapevolezza della cultura della parità si è manifestata in Italia soprattutto intorno il 1970 e il 1980 con attività di vario genere.
Se la scuola è il luogo in cui la parità non è soltanto formale, allora si dovrebbero proporre attività più adatte e rispondenti alle esigenze degli studenti.

Riassunto sulle emozioni (trattate da pag.123 del libro "Appunti e Spunti" di Mario Rizzardi)


Una definizione generica dell’emozione è che essa è la risposta ad eventi significativi per l’individuo.
Non è esatto parlare di risposta emotiva, ma bisognerebbe parlare di risposte emotive, perché l’emozione è un fascio di risposte:
-         risposte fisiologiche
-         risposte tonico-posturali
-         risposte motorie, che possono essere espressive oppure che riguardano le vocalizzazioni
-         indici paralinguistici
-         vissuto (o esperienza)
Il vissuto:
o      è dato dalla percezione
o      ha una qualità edonica, cioè piacevole o spiacevole
o      è intenzionale, in quanto è rispetto a qualcosa, si riferisce a quella cosa
o      è connesso all’attenzione, perché si pone attenzione su quella determinata cosa
o      ha una coscienza preoggettiva: quando si riflette su un’emozione essa è già passata
o      è un fenomeno multidimensionale (Wallon: le emozioni sono la cerniera tra il biologico, lo psicologico e il sociale)
L’emozione subisce una maturazione, infatti nei neonati si hanno solo dei precursori dell’emozione.

Le emozioni hanno molte funzioni e le più importanti sono:
-         azione, in quanto l’emozione comprende anche una risposta comportamentale
-         segnalazione intersoggettiva, cioè funzioni informative verso l’esterno
-         segnalazione intrasoggettiva, cioè funzioni informative rivolte a se stessi per informarci di un certo stato di cose
-         motivazionale, perché le emozioni motivano delle azioni
-         focalizzazione mnestica, l’emozione è connessa con i ricordi, in quanto è un indice per ripescarli e farli riaffiorare nella memoria
Il linguaggio delle emozioni è:
·       auto-semantico, in quanto il segno dell’espressione emotiva è automaticamente anche il suo significato
·       non referenziale (non è una cosa oggettiva)
In una tradizione dell’antica Grecia si pensava che le emozioni fossero irrazionali,  in quanto se ne aveva grande diffidenza.
Il primo a sfatare questa concezione fu Darwin, il quale affermava infatti che se le emozioni fossero davvero così irrazionali dato che l’essere più emotivo al mondo è l’uomo, l’uomo sarebbe già scomparso dalla faccia della Terra.
In effetti non è assolutamente vero che le emozioni sono irrazionali, sono piuttosto disfunzionali, ma il fatto è che senza emozioni non faremmo niente.

È importante saper distinguere le emozioni da:
-  sentimenti; le emozioni possono essere indipendenti dai sentimenti, ma dentro a quest’ultimi ci sono tantissime emozioni. Emozioni e sentimenti hanno in comune che sono entrambi intenzionali
-  umore; si provano emozioni a prescindere dall’umore che a differenza dell’emozione è perdurante
-  tratto emotivo; è connesso alle emozioni, ma non lo è, bensì la suscettibilità a provare una certa emozione
-  sindrome; è un’organizzazione psicologica permanente, quindi è anch’essa collegata alle emozioni, ma non lo è.
Esistono delle emozioni primarie e delle emozioni secondarie.
Sono primarie quelle emozioni la cui espressione fisiologica, mimica, comportamentale, ecc. è universale, è transculturale, transpecifica, spontanea e innata.
La maggior parte degli studiosi concordano su questo elenco di emozioni primarie:
rabbia, disgusto, felicità, sorpresa, paura, tristezza.
Le emozioni secondarie sono invece il contrario di quelle primarie, quindi non sono innate, non sono uguali per tutti e la loro mimica non è universale in tutte le culture.
Alcune emozioni sono particolari perché sono le “emozioni del’autoconsapevolezza” e le più importanti sono la vergogna e il senso di colpa, le quali comportano una relazione fra almeno due persone.
Il processo emotivo consiste nelle emozioni vere e proprie, ma anche nella loro successiva rielaborazione chiamata “metabolizzazione delle emozioni”.

Alla nascita nei neonati sono presenti solo dei precursori delle emozioni.
A due mesi però si può già parlare di emozioni vere e proprie.
Più avanti vengono fuori delle emozioni più specifiche, come la paura e la circospezione, quindi il bambino comincia a differenziare le persone.
Entro i sette mesi infatti il sorriso sociale è selettivo e poco dopo si manifesta la paura per l’estraneo.
Il bambino per poter arrivare a provare vergogna deve avere un’immagine di sé esposta all’osservazione e al giudizio in un altro, deve quindi aver sviluppato un’autocoscienza, che dai 18 mesi in poi diventa coscienza autocoscienza oggettiva (necessaria anche per potersi sentire in colpa).
Il senso di colpa può nascere solo quando il bambino ha superato la iniziale fase di dipendenza e comincia le prove di autonomia, quindi dopo il primo anno di vita.
Il senso di colpa punitivo consiste nel punirsi da soli, avere il rimorso, il dispiacere per aver fatto qualcosa; a volte il bambino si punisce con la paura che qualcuno lo punisca.
Il senso di colpa riparativo, invece, avviene dal secondo anno in poi e si tratta di aver bisogno di riparare a qualcosa che è stato fatto male o comunque a qualcosa di negativo.
Dalla fine del secondo anno di vita si ha la coscienza delle emozioni, cioè l’elaborazione cognitiva, perché è dalla fine del secondo anno di vita che il bambino comincia ad avere un lessico psicologico; ha cioè le parole per le emozioni, quindi le può nominare e può dire che emozione prova.
Esiste, soprattutto nei bambini, il contagio delle emozioni, che viene anche definita come forma elementare di partecipazione.
Attraverso l’imitazione inoltre inizia a realizzare le espressioni emotive come sono codificate nella cultura in cui vive.
La comprensione delle emozioni è molto precoce, in quanto avviene durante il primo anno di vita, infatti il bambino impara a regolarsi basandosi sull’espressione della madre.

martedì 6 marzo 2012

Riassunto del libro "Donne e bicicletta" di Antonella Cagnolati


Gli oggetti cambiano il nostro corpo.
La draisina è l'antenato della bicicletta.
L’uso della bicicletta rompe in maniera clamorosa la tradizione e porta il corpo femminile verso forme di modernità sconosciute per l’epoca.
La donna in velocipede viene giudicata sconveniente ed è l’immagine opposta a quella della sposa esemplare.
La bicicletta diviene per un certo periodo la metafora delle lotte di emancipazione femminile (20 secolo).
Fino alla fine dell’Ottocento pregiudizi e stereotipi impedirono alla donna di utilizzare la bicicletta.
All’inizia la bicicletta era un lusso di pochi, poi si fece a man a mano più comune, prima tra gli uomini e poi tra moltissime donne.
Il ciclismo caratterizzò particolarmente la vita sociale del periodo; superò i confini dello sport per invadere lo spazio del costume.
Nel 1892 sorse a Dresda (Germania) il primo club ciclistico femminile.
Si individuarono 3 principali motivi per i quali la donne si dedicava al ciclismo, nessuno però giustificabile secondo l’epoca:
-         raggiungere l’emancipazione e l’uguaglianza dei sessi
-         porre rimedio alla noia
-         trovare marito
Si tornò a dibattere sul voto alle donne e la moda si semplificò liberando il corpo.
Nel sud Italia le biciclette erano ancora poco diffuse, ma dopo la seconda guerra mondiale diminuirono i pregiudizi sulle donne a cavallo dei velocipedi, e anche al sud divenne di moda la bicicletta, ma poiché non tutti potevano averne una propria, in famiglia venivano condivise.
In Italia furono inizialmente le donne a praticare ciclismo come hobby ricreativo.
Dal 1859 in poi nelle scuole femminili la ginnastica ha carattere esclusivamente educativo.
Il capo di abbigliamento rivoluzionario indossato dalle donne in bicicletta era una comoda e lineare gonna-pantalone chiamata jupe-culotte in francese e bloomers in inglese.

Due importanti cicliste:
-         Alfonsina
-         Vittorina

Molti anche medici ritenevano che l’attività fosse altamente dannosa per il delicato equilibrio del corpo femminile, e in particolare per gli organi riproduttivi.
Successivamente si comprese che in realtà andando in bicicletta le signore avrebbero controllato se non vinto tanti loro disturbi fisici e psicologici.
Vi erano 3 ragioni principali che la società accampava contro il velocipedismo femminile:
-         igiene
-         morale
-         estetica

Concepire il viaggio rappresenta già un’evasione mentale di libertà, azione, trasgressione, di fatto preclusa alla donna.