mercoledì 16 maggio 2012

Riassunto del libro "Garibaldi Taumaturgo" di Dino Mengozzi

La taumaturgia è una qualità attribuita al copro di Garibaldi, senz’altro la principale, ma non la sola.
Il titolo del libro allude all’attribuzione di qualità taumaturgiche a Garibaldi da parte di un vasto pubblico e non solo popolare, ma anche all’atteggiarsi di lui come uomo della provvidenza, che non disdegnava forme di culto della sua persona.
Attribuendosi funzioni sacerdotali, Garibaldi si spingeva ad amministrare campi tradizionalmente coltivati dai chierici, battesimi, matrimoni e funerali. Con il suo “tocco” creava e sacralizzava reliquie, prolungamento del suo corpo e oggetti di culto profano.
Al modo del “tocco” sovrano, che guariva i sudditi, Garibaldi, per quanto non istituzionalizzato, era spia, a suo modo, di una analogo sacramento laico.
Ma il “tocco” inizia nel momento in cui si aprivano “tutte le possibilità” e tutte le incertezze delle prime guerre d’indipendenza.
Mentre i re taumaturghi hanno fondato la regalità, Garibaldi taumaturgo istituisce l’ideologia garibaldina, nazionale e oppositiva, dando un’impronta di lunga durata al modo di vivere e intendere la politica democratica in Italia.
Ai primi dell’Ottocento Garibaldi farà di sé stesso un fabbricatore di reliquie e una fonte di sacralità, suscitando il desiderio del “tocco” (anche visivo) del suo corpo da parte di ampie masse popolari.
Vengono individuati 4 concetti principali dell’ancoraggio del mito e della figura di Garibaldi nella cultura politica italiana: “nazione”, “popolo”, “volontariato”, “associazione”.

CAP 1° - Carisma e fama di Garibaldi -
Garibaldi diventa, quindi, capo di una nuova religione politica, tutto preso dalla missione della sua ideologia democratica.
Il garibaldinismo è un “partito”.
Questo culto era alimentato dallo stesso Garibaldi allo scopo di tenere unito l’ampio fronte del garibaldinismo e come garanzia dell’attaccamento popolare al leader.
Garibaldi ha avuto la capacità di essersi innalzato nella scala sociale della notorietà, di aver fatto dimenticare la modestia e l’oscurità dei suoi principi ed essere divenuto al popolo esempio di operosità, fede e di buon valore.
Il suo nome, infatti, attraeva donazioni e volontari.
Il maggior terreno di scambio fra garibaldini è costituito dalle reliquie di Garibaldi, ma queste restano di qua dal mercato, nell’area dell’economia del dono, almeno fin quando non entrano nel giro dei cimeli.
Si tratta di una mentalità rivoluzionaria, oppositiva e di lunga durata.
Garibaldi taumaturgo sarebbe da avvicinare secondo due prospettive:
·        l’una dall’interno, che tenga conto di come egli stesso veicoli l’immagine di sé. Con questa si ci propone di cogliere come Garibaldi abbia costruito l’uomo della provvidenza;
·        l’altra dall’esterno per cogliere come viene inteso dagli altri. Ci si propone di incontrare le virtù eroiche, riutilizzate dai laici per definire Garibaldi.
Garibaldi si credeva taumaturgo invulnerabile e si proclamava uomo della provvidenza come ripetono i suoi. Esso in qualità di taumaturgo si ripresenterà anche per guarire, o credere di guarire, i propri devoti.
La residenza di Caprera costituisce il quadro di riferimento essenziale della sua eccezionalità, sia come santuario del grand’uomo, sia come luogo selvaggio, primitivo, inospitale, che mette a prova le qualità di lui, confermandolo nei canoni della “fabbrica” dei santi.
Abbiamo due ordini di problemi:
·        l’uno relativo ai codici linguistici e alle credenze diffuse, per le quali la raffigurazione dell’eroe rientra nella cultura di lunga durata della santità. Scarsamente laicizzato questo codice culturale tende a sottolineare soprattutto le virtù eroiche, che abilitano l’eccezionalità di Garibaldi;
·        l’altro problema sembra concerne di una novità propria della nascente cultura di massa del XIX secolo, cioè il culto del grand’uomo. Ne sono la prova le biografie di contemporanei, lo sviluppo del ruolo della stampa e della democrazia.
La sua carne sofferente, l’intenso travaglio mentale, le energie spese senza risparmio per la causa nazionale, le ferite e il dolore per la perdita di Anita (l’amore romantico) e gli altri dolori privati sono stati come equivalenti al martirio.
Il “tocco” di Garibaldi è da intendere in senso attivo (lui tocca gli altri), ma anche passivo (si lascia toccare)
I prodigi del grand’uomo consistono in primo luogo nella sua capacità di toccare le coscienze e smuoverle; è il suo carisma a creare i volontari e gli eroi.

CAP 2° - Reliquie e politica -
Le reliquie sono innanzitutto un corpo umano, contengono l’intera potenza del corpo prodigioso e ne testimoniano la persistente presenza.
Le reliquie sanno adattarsi al processo di secolarizzazione e alle nuove tecniche di riproduzione e conservazione dei corpi.
Attraverso le reliquie viene preso di mira il campo del sacro.
Se tradizionalmente i fedeli cercavano un rapporto diretto con le reliquie e con il reliquiario, mediante il tatto (mani e labbra), con l’inoltrarsi nel XIX secolo si assiste, invece, a un lento ma generale allontanamento dei fedeli dal contatto diretto a profitto della relazione visuale.
Nella storia delle reliquie un posto particolare viene occupato dalla ceroplastica che ha fortemente segnato l’immaginario religioso e laico in epoca moderna, pur avendo lasciato scarse testimonianze.
L’uso profano delle reliquie è antico, in quanto anche sovrani e signori nel medioevo avevano cercato di ottenere reliquie per rinforzare la loro legittimità e autorità politica.
Un duplice appello alle reliquie:
·        la Chiesa vi faceva ricorso per riconsacrare i territori violati dalla Rivoluzione francese e dalle armate napoleoniche;
·        la politica invece cercava di rivestire di santità i propri martiri laici.
Le reliquie rappresentano un terreno del contendere culturale e politico, che coinvolge la vita pubblica e privata, gli affetti intimi e la dimensione del sacro.
Garibaldi stato un abile fabbricatore di reliquie, che utilizzava per moltiplicare il proprio corpo; inoltre le reliquie garibaldine hanno testimoniato prese di posizione, disegnato parentele politiche e sacralizzato luoghi.
Garibaldi ha intrattenuto un rapporto personale con le reliquie:
1.    è un “credente” del significato sentimentale;
2.    per Garibaldi è l’aspetto storico delle reliquie ad improntare un vasto insieme di referenze;
3.    le reliquie costituiscono un formidabile argomento polemico, sia in negativo che in positivo.
In alcuni casi le reliquie appaiono come strumenti per produrre socialità, confermando la fedeltà nei tempi morti dell’azione.
Nel caso di Garibaldi il significato economico delle reliquie è negato è quasi, per via delle interferenze che verrebbe ad avere con l’ideologia della generosità e del sacrificio di sé.
Il numero delle reliquie si accresce in proporzione all’estendersi della fama di Garibaldi; possono essere insiemi di oggetti diversi: alcuni riconducibili alle reliquie tradizionali altre al divo.
·        l’uno è l’aspetto moderno che rivela la prima formazione della pubblicità e si serve della fama del grand’uomo;
·        l’altro è il linguaggio arcaico dell’effusione del sangue.
Gli eredi delle reliquie le esibivano per essere riconosciuti pubblicamente; questo è il secondo asse di polarizzazione delle reliquie.
Dalla sfera del sacro le reliquie garibaldine entrano nella sfera dell’economico, trasformandosi in cimeli, ma non è detto che il processo non sia reversibile e che da cimeli non possano tornare reliquie.

CAP 3° - Economia del dono -
Nell’accusa lanciata dal laicismo ottocentesco, per suscitare sospetti e riprovazione, c’è una verità profonda, che alludeva alla capacità delle reliquie di stimolare doni e offerte, per stimolare la benevolenza dei taumaturghi.
La reliquia come valore in sé non è monetizzabile e dunque non può essere che trasmesse o rubata: economia del dono.
La specificità del mondo religioso consisterebbe in un sistema del dono a più dimensioni:
·        in senso verticale verso l’altro mondo;
·        in senso orizzontale tra fratelli e compagni;
·        in senso longitudinale tra antenati e discendenti.
Nell’universo religioso il dono scivola nel dono di sé, e il dono di sé implica l’altruismo, il rapporto e il reciproco obbligo fra leader e seguaci, la socialità, il culto della persona e la sacralità delle reliquie profane.
Garibaldi non accetta doni da chiunque, ma accoglie evidentemente quelli stimati come ricevibili moralmente, che non compromettono la sua reputazione e non lo impegnano in un dovere di reciprocità che non potrebbe condividere.

CAP 4° - Metamorfosi del corpo -
Come i sovrani Garibaldi ha due corpi: un corpo profano e uno sacro.
Anche il suo corpo profano viene idealizzato e, sovrapponendosi all’altro, produce reliquie.
Nel caso di Garibaldi, il corpo profano si sdoppia a sua volta nel corpo borghese e nel corpo popolare e infine proletario, senza che l’uno o l’altro lascia cadere il rapporto con il corpo sacro.
È soprattutto il corpo popolare che piange, mentre quell borghese viene addestrato a maggiore riservatezza.
Nel caso di Garibaldi si arriva ad ipotizzare una sua doppia natura: maschile e femminile.
Caprera era stata lo spazio della santità del grand’uomo, dove le doti eccezionali di lui si manifestavano nella lotta contro l’ambiente ostile.
Caprera, divenuta così terra promessa e isola utopica, veniva a designare il tempio della santità garibaldina.
Il potere taumaturgico non consiste nella forza fisica, ma in una forza spirituale, di cu l’autosacrificio suona come conferma sacralizzante.

CAP 5° - La pira e i testamenti -
Ormai reliquia si se stesso, Garibaldi dettava una speciale regia per fare di quel corpo un “corpo di cenere”.
Garibaldi voleva essere libero da possibili intromissioni della Chiesa o dello Stato, per essere arso sul rogo.
Contrariamente al senso comune, il rogo non è una distruzione del corpo, anzi secondo gli antropologi, il fuoco conserva il corpo.
Nel “tempio” della sua Caprera, dunque, doveva svolgersi il rogo della spoglia.
La confusione delle ceneri sue con quelle dei legni di Caprera, la scarsa importanza attribuita alla propria urna erano tutti elementi originali, che riproponevano Garibaldi nella sua esemplarità.
Il suo era un “corpo di carta” ma da spendere come un partito politico.

CAP 6° - Garibaldi e la morte -
L’altra faccia del taumaturgo protettore è colui che punisce.
Garibaldi si sente di dare una lezione, mettersi in pace con le ombre dei caduti, e contrastare la ripresa della Chiesa usando laicamente i suoi strumenti di giudizio e ammonizione.
La morte era vista come giustiziera anche per la sincerità che introduceva nel corpo sociale, mettendo il luce le ipocrisie, dando la gloria ai meritevoli e il silenzio agli altri.
La dominante fede per la causa, l’ideologia, conferiva all’eroe un’aura di invulnerabilità e immortalità; ciò deriva dalla disponibilità al sacrificio.
Secondo Garibaldi tale forza interiore era venuta meno ai chierici.
Garibaldi si colloca almeno su due piani:
·        l’uno è quello della posterità, ricordo lasciato alla comunità nazionale, che ne avrà cura;
·        l’altro piano concerna Garibaldi stesso e non coincide con il primo: Garibaldi non precisa per sé il tipo di sepolcro.
Garibaldi disegna per sé una morte doppiamente affettiva, unito ai suoi cari e alla sua isola. Ma sua questo approdo non mette tutto il suo corpo, bensì una piccola parte delle ceneri.
Garibaldi precisò che il sindaco avrebbe dovuto partecipare alla sua morte solo quando il suo cadavere sarebbe già stato incenerito completamente.
Alla sua morte, però le preoccupazioni riguardo al destino della sua salma si rivelarono peggiori delle aspettative stesse di Garibaldi, in quanto il corpo dell’eroe divenne nell’immediato oggetto di una “guerriglia” fra i prefetti e i “rossi”.

CAP 7° - Moltiplicazione del corpo -
Nelle cartoline di Caprera è comune trovare un pino, che viene fatto passare come il luogo prescelto da Garibaldi per la sua morte.
In realtà però in nessun testamento del grand’uomo figura il pino, ma anzi Garibaldi esplicita di voler morire proprio nella parte opposta dell’isola. Tuttavia si continua a far credere che sia quello il vero luogo in cui egli scelse di essere fatto al rogo.
Secondo gli antropologi il momento della morte della persona eccezionale è il punto di incontro di due destini contrari:
·        da una parte egli è comunque destinato alla disgregazione fisica;
·        dall’altra egli accede alla partizione delle reliquie.
Il fuoco corrisponde senz’altro al desiderio di evitare la putrefazione, ma trasformando il suo corpo in cenere, cioè in reliquie, la pira finiva per moltiplicarlo.
Nel giorno della sua morte nessuno fu a Caprera senza portarne via qualche cosa.
Per amore della reliquia o meglio per un modo di rapportarsi ad sacro piuttosto arcaico, i suoi garibaldini o ex garibaldini, compresi i familiari, si lasciarono sequestrare il corpo del generale.
Garibaldi era preda delle autorità romane, che lo condannavano a un funerale convenzionale prima, e a stretta sorveglianza poi, trattandolo da pericoloso oppositore.
La riduzione a reliquia del suo corpo, mediante la cenere, dettata dai suoi testamenti, lascia il sospetto che questa davvero fosse la volontà non esplicitata di Garibaldi.
Il suo corpo moltiplicato dalla pira, sarebbe stato grande quanto l’Italia.

CAP 8° - Reliquie, cimeli, souvenir -
Vivente, il corpo di Garibaldi aveva suscitato desideri di appropriazione, con il tatto e con la vista, alla sua morte un’intensa nostalgia si manifesta con l’uso di simulacri e reliquie.
Sul corpo di Garibaldi si ebbe la tradizionale costruzione di reliquie, sia dirette sia per contatto. Ma la reliquia per eccellenza rimane il ricordo.
Ci sono due tipi di souvenir garibaldini:
·        uno usato dalla propaganda dei democratici;
·        il souvenir spontaneo, autonomo, che Garibaldi ha lasciato a coloro che lo hanno effettivamente avvicinato. Questo è meno politico, povero di ideologia.
Nel caso di Garibaldi i suoi cimeli possono addirittura riacquistare cariche di sacralità e tornare reliquie, invertendo il processo di “raffreddamento” delineato dagli studiosi.

CAP 9° - Monumenti reliquiari di pietra -
Nella religione politica ottocentesca è frequente il ricorso a un’idea di sepolcro come altare, ara, luogo del “sacrificio” del grand’uomo, che continua a parlare nel tempo futuro.
Anche Garibaldi conosceva bene il meccanismo della nostalgia, e sapeva che è dato dalla separazione improvvisa (Garibaldi usava separarsi improvvisamente da un luogo anche da vivo). La nostalgia inoltre viene spesso considerata una varietà del lutto.
Il basamento dei monumenti, che con il passare del tempo iniziarono a diffondersi in tutte le piazze d’Italia, richiamava come forma il sepolcro e il sacrificio.
Ne consegue che il monumento diventa un sorta di reliquiario laico e richiama al corpo del’eroe anche in assenza del cadavere. Inoltre i monumenti sono un reliquiario anche perché ospitano il corpo di pietra del grand’uomo, le cui fattezze sono riprodotto con ossessiva fedeltà realistica.
Una doppia piazza veniva data per il consumo del sacro profano: una privata o semiprivata (cimitero) e una pubblica (piazza).

CONCLUSIONI
Un’accorta gestione delle reliquie, consente a Garibaldi, inoltre, di mantenere unito il suo esercito di volontari nel tempi morti dell’attesa alla mobilitazione e di rapportarsi con una più ampia comunità di simpatizzanti e ammiratori.
Le reliquie raccontano soprattutto una storia di sacrifici, di sangue e di caduti; nutrono la religione politica nel suo farsi battaglia.
Le reliquie garibaldine ricevevano una “ricarica di sacralità” dall’investimento governativo e dai comitati per la mobilitazione nell’anno più difficile dello sforzo bellico.
Le sue reliquie dimostravano così di essere capaci di invertire la legge del raffreddamento, che le trasformava lentamente in cimeli.
Garibaldi s’impone a un tempo come catalizzatore e gestore della sua immagine.
Attraverso le reliquie Garibaldi era ancora presente tra i viventi, in quanto esse costituiscono una trama di fedeltà, di preminenza sociale e di riconoscimento reciproco.
Garibaldi è stato l’inventore di alcune articolazioni essenziali della religione politica.

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